
Il Carro Trionfale, il “tricolore” di Terlizzi
Imponente e maestoso nei suoi 22 metri, il Carro Trionfale rappresenta in qualche misura il “tricolore” di Terlizzi, emblema, nella sua magnifica spettacolarità, della devozione alla Madonna di Sovereto.
In circostanze ordinarie, esso sfila la prima domenica di agosto per le arterie principali del paese, dopo che il giovedì precedente, quasi a mo’ di collaudo generale, si assiste alla rimozione del carro dal sagrato della chiesa della Stella in viale Roma per condurlo all’inizio della “villa” nei pressi della scuola elementare Don Pietro Pappagallo.
Il Carro Trionfale è un’impalcatura mobile interamente in legno che ha le sembianze di un campanile.
La gradinata, a forma di prua, è stata progettata per ospitare i bambini che impersonano una nutrita schiera di angeli, i quali accompagnano la Vergine nel suo percorso. In precedenza, lo spazio era destinato ad accogliere la banda musicale.
La gradinata è sovrastata dal “trono”, la nicchia aperta entro cui viene posizionata l’edicola d’argento contenente il quadro della Madonna di Sovereto.
La macchina da festa è trainata da sessanta uomini e condotta da quattro timonieri, cui sovrintende il cosiddetto “Maestro di guida”.
LA LEGGENDA: IL RITROVAMENTO DELL’ICONA DELLA MADONNA NERA
Fonti leggendarie, trasmesse sin da tempi remoti, narrano del rinvenimento, in un non meglio identificato periodo storico, dell’immagine della Vergine Maria e del Bambino Gesù da parte di un pastorello in un anfratto sito in Suberito (nome originario di Sovereto dovuto molto probabilmente alla presenza di alberi di sughero) dove una sua pecorella si era smarrita. La ricerca dell’animale scomparso, incastratosi con una zampa, si sublimò nella scoperta all’interno della grotta della sacra raffigurazione.
A quel punto, si pose il fatidico dilemma: a chi dovesse appartenere la tavola, se al giovane di Bitonto che aveva materialmente scovato il quadro o se alla città di Terlizzi, poiché Sovereto, luogo del ritrovamento, già da allora costituiva un suo agro.
L’impasse fu risolto attraverso una competizione singolare affidata al “giudizio di Dio” (ordalia): fu allestito un carro trainato da due buoi, uno di Bitonto e l’altro di Terlizzi. Il bue che avesse condotto il carro nella propria città natale, avrebbe aggiudicato a questa il simulacro.
Trionfò quello di Terlizzi, accecando con una cornata il suo avversario: il carro giunse a Terlizzi e da allora, l’effigie della Madonna Nera è entrata nel patrimonio storico-culturale-religioso del popolo terlizzese.
Si tratta, più precisamente, di un’iconografia bizantina riconducibile al filone della cd. Madonna Odigitria, ritraente Maria con in braccio Gesù seduto in atto benedicente.
LE VARIE FASI STORICHE DI RIPRODUZIONE DEL CARRO
- Il 1500
Secondo alcuni documenti, la celebrazione del culto mariano in maniera particolarmente sentita dal popolo terlizzese risale già al 1538. Anno dopo anno andava consolidandosi la tradizione di far
sfilare in processione l’icona della Madonna, da Sovereto a Terlizzi, su di un carro agricolo riccamente adornato e trainato da due buoi.
- Il 1700
In piena epoca barocca, ai primi del Settecento, la Vergine di Sovereto venne proclamata patrona di Terlizzi: l’importanza dell’evento indusse a ridisegnare il carro nella sua architettura, proprio per manifestare maggiormente il trionfo del bue di Terlizzi su quello di Bitonto.
Col tempo, i festeggiamenti si fecero sempre più curati nei dettagli e la costruzione della macchina da festa veniva affidata ogni anno a una ditta di appalto locale e a un decoratore: il sindaco di Terlizzi, inoltre, aveva il compito di approvare l’idoneità dei temi figurativi proposti.
L’icona di Nostra Signora veniva fatta accomodare non più su di un semplice carro agricolo, bensì su di una struttura sontuosa rispetto al passato volta a trasmettere ai fedeli la magnificenza della ricorrenza: gli atti in archivio descrivono un’ampia “carretta” con gradinata, un baldacchino ove era sistemato il tempietto con la sacra icona e una torre campanaria di dimensioni e altezza variabili.
Per rispondere alle nuove esigenze e alle mode del periodo, pian piano cambiavano le modalità della cerimonia.
Infatti, i buoi vennero sostituiti da protomi bovine apposte sopra il timone nella parte anteriore della macchina da festa. Spettò, quindi, alla forza degli uomini spingere il carro, nascosti tra le travi della struttura di base e coperti da un drappo azzurro.
- Il 1800
Decisive furono le modifiche apportate al carro e alla sua gestione organizzativa nel corso dell’Ottocento.
Nel 1835 la fastosità del carro si rese molto più visibile mediante la realizzazione di vero e proprio tempio illuminato.
A partire dal 1837, poi, la sua costruzione fu estesa anche a imprese non prettamente terlizzesi, così da coinvolgere nelle gare di appalto anche artisti di altri paesi. Ad esempio, nel triennio 1852-1855, il lavoro fu assegnato a Francesco Armenise, noto scenografo e decoratore del teatro Petruzzelli.
Tuttavia, è nel 1868 che si registrò la svolta nella progettazione del Carro Trionfale, dal momento che l’assetto architettonico improntato in quell’epoca è rimasto pressoché invariato sino ad oggi.
Il merito va attribuito a Michele De Napoli, celeberrimo maestro di pittura apprezzato a livello nazionale che, dopo esser rientrato a Terlizzi, divenne sindaco.
Il 23 febbraio 1868 l’appalto per una nuova costruzione del carro venne affidato a Raffaele Affaitati, pittore e scenografo foggiano. L’affiatamento professionale De Napoli-Affaitati rivelò una sinergia di estro e bellezza, talmente gradita che si ripropose anche per le ricorrenze degli anni a venire.
De Napoli, in particolare, realizzò un modello sulla carta che potesse essere imperituro e Affaitati tradusse il prototipo nella sua pratica edificazione. La versione finale del bozzetto è ancora custodita all’interno della Pinacoteca De Napoli.
Inoltre, per l’edizione del 1868, De Napoli realizzò anche i quattro ovali dipinti affissi all’ultimo ripiano del carro: i soggetti sono ricavati dalle sue opere e raffigurano l’Arcangelo S. Michele, l’Angelo Orante, l’Angelo Cantore, il Redentore.
Per più di un secolo, il carro De Napoli-Affaitati sopravvisse, tant’è che le successive gare d’appalto erano volte solamente ai lavori di restauro e manutenzione.
L’INCENDIO DEL 1991 E LA RICOSTRUZIONE
Il 22 agosto 1991 alle ore 2.30 del mattino, il Carro Trionfale, eredità storica di fine Ottocento, venne dato alle fiamme.
La fede e la volontà di riaffermare la legalità spronarono l’istituzione di un comitato cittadino apposito “Pro ricostruzione Carro Trionfale”: ne facevano parte l’architetto Michele Gargano, Angelo D’Ambrosio e Mons. Gaetano Valente. Esso si costituì il 26 agosto 1991 a seguito di una seduta consiliare straordinaria.
La fase esecutiva dei lavori fu rimessa all’ingegnere Tommaso Malerba, il quale colse ciò che di positivo poteva ricavarsi dall’incendio. Il vecchio carro, invero, quanto a struttura e sicurezza, versava in situazioni precarie.
Sicché, la nuova messa a punto servì a “razionalizzare” la macchina da festa sotto molteplici aspetti. I nuovi apporti tecnologici consentirono di concentrarsi su una struttura più performante e più sicura, anche per l’incolumità dei bambini che ci sostano sopra.
Furono coinvolti pure i maestri falegnami Vincenzo e Michelangelo Tangari. Delle decorazioni pittoriche si occuparono i pittori decoratori Giuseppe Vallarelli e Antonio Gesmundo.
I dipinti dei quattro ovali del terzo piano tornarono a nuova vita grazie ai pittori Maria Bonaduce, Maddalena Cipriani, Enzo Sforza e Antonio Volpe che reinterpretarono i disegni originali del De Napoli. Infine, gli otto angeli portalume, posti agli angoli del secondo e terzo piano, e le protomi bovine furono creati dei maestri cartapestai della cooperativa La Farinella.
Poiché l’ovale centrale realizzato da Antonio Volpe necessitava di un importante restauro, nel 2016 è stato sostituito dal Cristo Redentore realizzato da Giacomo Angarano.
I PROFILI TECNICI DELL’ODIERNO CARRO TRIONFALE
Si riporta di seguito uno stralcio dello scritto confezionato da Daniela Confetti, Vincenzo De Chirico e Antonio Tempesta dal titolo “La riconfigurazione progettuale del carro trionfale”, presente all’interno del volume “Il carro perduto-ricostruito” (CSL Pegasus edizioni-2016), che si focalizza sull’apparato decorativo.
«Nelle sue linee sostanziali il Carro Trionfale – che rievoca quello andato distrutto – si rifa ad uno stile neoclassico, dagli apparati decorativi di gusto baroccheggiante ma, rispetto al precedente , si nota un’attenzione e uno studio volto alla ricerca di quella perfezione geometrica esaltata già nel De architectura di Vitruvio e di cui è ricca la trattazione rinascimentale […]
La base del carro – il carpento – ha sulla prua semicircolare due protomi bovine in cartapesta che conservano la memoria della leggenda, in particolare di quel “giudizio di Dio” che permise al bue terlizzese di incornare il bue bitontino per portare la sacra icona a Terlizzi, che ne ottenne quindi il diritto di proprietà. La modanatura del carpento assume la forma di una ghirlanda avvolta dai nastri dorati, mentre nello spazio interno si alternano ovali dalle cornici dorate con fogliame che ospitano su uno sfondo azzurrino volti d’angelo con ali; quello centrale sulla poppa rappresenta, invece, lo stemma della città di Terlizzi.
Il piano del tronco o cappella, che ospita la Sacra Icona, assume la forma di un baldacchino aperto con quattro archi a tutto sesto; i pilastri che lo sorreggono sono decorati da semplici volute iconiche per la cui realizzazione con ogni probabilità è stato utilizzato il rapporto aureo.
L’arco davanti ospita in alto il disegno di due putti che recano la stella di Davide – l’esagramma – frutto di due triangoli equilateri intrecciati, simbolo del cielo e della terra, dell’unione del mondo spirituale e del mondo materiale.
Una trabeazione decorata con rigido panneggio divide il piano della cappella da quello della lanterna, una struttura a forma di torre campanaria che ospita i quattro ovali […]
Una seconda piccola trabeazione separa questa zona dal tamburo che sostiene una cupola divisa in quattro spicchi da sottoli costoloni […] e terminante con una croce raggiata dalle estremità leggermente espanse.
A decorare il tutto vi sono otto angeli porta-candelabri in cartapesta dorata: quattro posizionati sulle volute della zona del trono e quattro sulle volute alla base della lanterna. […]
I colori utilizzati per la copertura in cartapesta del carro sono quelli del bianco-avorio nelle membrature più esterne e azzurrino nelle grandi campiture interne, tinte usualmente utilizzate per la Vergine.
Iconograficamente il nostro Carro sembra quasi erigersi come un antico obelisco, solitario e ricco di pathos […]».
Vincenza Urbano